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Scopri Piana degli Albanesi: Pietro Petta il pittore.

Updated: Mar 5, 2021

Un'altro importante tassello si inserisce nella rubrica Scopri Piana degli Albanesi e si tratta di uno scritto del professore Stefano Schirò sul pittore Pietro Petta. Questo importante scritto che per la prima volta mette in luce questo quasi anonimo pittore che fu allievo di Giuseppe Patania è stato fortemente voluto da Salvatore Vasotti, nella qualità di capogruppo del gruppo FAI di Piana degli Albanesi, per diffondere e valorizzare l'importante figura del pittore sconosciuto ai molti.



Pietro Petta, pittore di Piana degli Albanesi e allievo di Giuseppe Patania

(di Stefano Schirò)

…l’arte rispecchia la specie, l’alta specie di cui parla Giacomo Leopardi.

Noi crediamo, anzi, che una parte della mirabile luce rinascimentale -simile a quella della civiltà ellenica- risieda proprio in questo: che gli uomini avevano allora bisogno di arte come di sole, né potevano vivere senza di essa per non avvilirsi a bruti.


Non si può tacere ancora l’operato di un inedito pittore del XIX secolo di Piana degli Albanesi: un certo Pietro Petta. Sono due le fonti locali che lo citano; lo studioso Schirò: “Fra le chiese greche esistenti in Piana è notevole quella, ora quasi cadente, ma che si spera di restaurare presto, prima dedicata alla Madonna di Loreto e poi a S. Antonio Abbate, ricca di interessanti pitture del secolo XVI, dalla quale, or sono pochi anni, è stato tolto, per ordine della Sopraintendenza dei Monumenti di Palermo, un affresco del Novelli, rappresentante quel santo eremita della Tebaide, che ora si ammira nella chiesa parrocchiale di S. Giorgio, e di cui ha fatto una pregevolissima copia il pittore paesano Pietro Petta, allievo del Patania”.


Pietro Petta, S. Antonio Abate (copia da Pietro Novelli), secolo XIX. Piana degli Albanesi, chiesa di S. Antonio.


Su tale copia (fig. 1), naturalmente possiamo usare le stesse parole che la critica ha speso per l’originale: “L’impianto prettamente rinascimentale nella visione frontale a figura intera dal sottinsù, il S. Antonio presenta la solenne ieraticità e la fissità iconica dei Santi Greci della Matrice ma anche di Giovanni o Luca evangelisti, nonché lo stesso tenue colorismo, basato sul grigio-azzurro di fondo del cielo e l’ambientazione all’aperto, con accenno di paesaggio con albero e rocce sul fondo, caratteristiche che pongono dunque l’inedita opera all’incirca coeva dei suddetti affreschi della Matrice nei quali il Novelli, come afferma di recente lo Scuderi (1990,p. 25) mette a frutto “tutta la cultura classicistica di cui poteva disporre, da Raffaello a Michelangelo al Domenichino… che il momento pittorico, auspice la peculiare chiesa committente, può davvero considerarsi come un grande ciclo rinascimentale”.”.

Il Costantini quando descrive i vari altari della chiesa dell’Odigitria di Piana degli Albanesi informa: “Quello del crocifisso è adornato di colonne di marmo rosso. Di faccia a questo altare ne sorge un altro, dove vi ha un quadro ad olio che rappresenta le anime del Purgatorio. Un pittore di Piana (Pietro Petta) copiò questo quadro da un pregevole lavoro di un artista di cui ignoro il nome”. Ancora lo Schirò tramanda che nella stessa chiesa dell’Odigitria “…nel 1610, era stata anche fondata una Congregazione del Purgatorio, ancora esistente, cui lasciava in legato, per celebrazione di messe, onze due annuali il chierico D. Lorenzo Petta, come appare dal suo testamento del 9 settembre XI Ind. di quell’anno, agli atti di notar Pietro Sciales da Piana.”. Da quanto riportato si desume che Pietro Petta, allievo del Patania e artista pianiota, era un mirabile imitatore delle opere del Novelli, così abile nel copiarle da trarre in inganno anche lo stesso soprintendente A. Cuccia che nel 1976, nella scheda di catalogo della tela delle Anime Sante (fig. 2), così scriveva : “L’opera è da attribuirsi a Pietro Novelli, per quello che si può vedere nella zona superiore della tela, dalla figura dell’Eterno ai putti vandykiani e in genere al tono alto del dipinto. La zona inferiore con le anime sante è da riferirsi alla scuola. Il dipinto raffigura le Anime Sante che lasciano le fiamme del purgatorio con l’aiuto di angeli. Nel registro superiore l’Eterno, tra putti incuriositi, dà l’assenso alla salvazione. La cattiva conservazione lascia intravedere i bruni e gli azzurri di tipo novelliano”. Andrebbe urgentemente sottoposta a restauro. L’altare delle Anime sante è in marmo rosso montecitorio e grigio, misura 430x300 cm circa, come testimonia A. Cuccia (1976) ne mancano gli scalini, essendo stati asportati recentemente.



Pietro Petta, Le Anime Sante (part.), secolo XIX. Piana degli Albanesi, chiesa dell'Odigitria.

Lo stesso lo etichetta come “Opera di buon artigianato del secolo XVII. È formato da colonne su plinti e volute, unite in alto da architrave e frontone spezzato. La mensa è decorata da marmi mischi con bassorilievo raff.: le Anime Sante.” Quest’ultimo, anch’esso del XVII secolo raffigura due anime tra le fiamme. “Notevole la capacità di scorcio e il senso plastico. L’opera è poco leggibile per le forti abrasioni che essa presenta” (A. Cuccia, 1976). Si noti inoltre come i plinti delle colonne siano ingentiliti dallo stemma della famiglia Schirò :uno stilizzato elmo con piume ed un leone rampante che brandisce una spada, entro uno scudo trilobato attorniato da un gioco calibrato di volute, un omaggio alla cavalleria di stampo medievale, sicuramente un’allusione dotta all’etimologia greca di tale cognome: a chi gli appartiene non manca una possa simil leonina e se fu uomo d’armi non poté peccare mai di fellonia. Tornando all’affresco bisogna notare la possa masaccesca, michelangiolesca dei corpi nudi, dalla evidente plasticità: sulla sinistra un angelo avvinghia un’anima vista di tergo e dai glutei scolpiti (fig. 3); tale coppia e quella accanto, lievemente arretrata sono estratte dall’iconografia (in basso a sinistra) del Paradiso di Pietro Novelli, la si ritrova anche in Messa di suffragio per le anime del Purgatorio (Chiesa di S. Oliva di Alcamo) del medesimo autore. Il Padre Eterno Benedicente dalla folta barba canuta -così come la ridda angelica che lo attornia- è rintracciabile in molte opere di Pietro Novelli: S. Benedetto distribuisce la “Regola” agli ordini monastici e cavallereschi (Chiesa dell’Abbazia di S. Martino delle Scale), La Trinità invia l’angelo Gabriele alla Vergine (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte (inv. 563)), Messa di suffragio per le anime del Purgatorio (Chiesa di S. Oliva di Alcamo); Annunciazione della chiesa della SS. Annunziata di Piana degli Albanesi e quella del Museo Diocesano di Palermo; identico anche per gli angeli che circondano la figura del Padre e colti nei medesimi gesti all’Eterno dell’Annunciazione di Pietro Novelli (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia (inv. 171)). Notevole anche l’Annunciazione di Andrea Carreca nella chiesa Madre di Chiusa Sclafani. Analizzando il registro inferiore si discernono tre figure garbatamente ritratte e disegnate con sapienza, specie la figura maschile orante di profilo, nobile quanto quelle delle medaglie di Pisanello; la medesima atmosfera ignea la accomuna al S. Biagio intercede per le anime purganti di Pietro Novelli nella cattedrale di S. Lucia del Mela. Ma la più interessante risulta essere la donna, con le braccia incrociate sul petto, le chiome ondulate e lunghissime: nobiltà del disegno, invasa dalle ombre generate dalle capriole del fuoco, labbra polpose, trasposizione a mezzobusto della sontuosa Maddalena di Pietro Novelli (ne La comunione di Maria Maddalena, Palermo, Galleria Regionale della Sicilia (inv. 5181)). È opportuno ribadire che: “Con l’affermarsi della particolare devozione alle Anime del Purgatorio vennero fondate molte confraternite votate al loro culto… Il culto per le Anime del Purgatorio si era rafforzato in dipendenza di quelle dispute nate dalla contestazione mossa dalla Riforma luterana al valore delle indulgenze, riconosciute dal Cattolicesimo (Mâle, cit. p. 81) in base alla testimonianza del libro dei Maccabei, in cui si afferma: “È cosa santa pregare per i defunti, al fine che siano liberati dai loro peccati” (II, Macc. 12, 43)”. Pier Pettinaio, citato da Dante nel canto XIII del Purgatorio colse tale monito, infatti con le sue sante orazioni aiutò la senese Sapia Salvani, la quale così si rivolse al poeta:


« ...e ancor non sarebbe lo mio dover per penitenza scemo se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe Pier Pettinaio in sue sante orazioni, a cui di me per caritate increbbe. »

Mi è sempre piaciuto identificare la donna raffigurata nella tela delle Anime Sante -quella con la medesima foggia della Maddalena novellesca- proprio con la dantesca Sapia Salvani. Qui più che mai possiamo dunque asserire fieramente ut pictura poësis, ricorrendo ad un altro parallelismo sublime che solo Dante può offrirci, estrapolandolo questa volta dal XXVII canto del Purgatorio (vv. 6-30):


“…come l’angel di Dio lieto ci apparse. 6 Fuor de la fiamma stava in su la riva, e cantava ‘Beati mundo corde!’. in voce assai più che la nostra viva. 9 Poscia «Più non si va, se pria non morde, anime sante, il foco: intrate in esso, e al cantar di là non siate sorde», 12 ci disse come noi li fummo presso; per ch’io divenni tal, quando lo ‘ntesi, qual è colui che ne la fossa è messo. 15 In su le man commesse mi protesi, guardando il foco e imaginando forte umani corpi già veduti accesi. 18 Volsersi verso me le buone scorte; e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, qui può esser tormento, ma non morte. 21 Ricorditi, ricorditi! E se io sovresso Gerion ti guidai salvo, che farò ora presso più a Dio? 24 Credi per certo che se dentro a l’alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d’un capel calvo. 27 E se tu forse credi ch’io t’inganni, fatti ver lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d’i tuoi panni.”


“I monumenti dell’arte non parlano, cantano; quindi sono intesi soltanto da chi ha senso di poesia” (M.J Friedländer). “Soltanto la poesia -arte pura nella più alta accezione del termine- ci può fornire la sintesi. Per cui l’interpretazione deve portare ad una novella creazione del nostro io, deve far convibrare le corde latenti della nostra anima all’unisono con quelle del pittore.”. E le celate “corde della nostra anima” vibrano al cospetto di tale opera d’arte unendosi a quelle, finora mute, di Pietro Petta.


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