Scopri Piana degli Albanesi è la nostra rubrica nella quale vi portiamo virtualmente a scoprire e visitare le bellezze di Piana degli Albanesi. La chiesa di San Nicola rappresenta uno scrigno d'arte, buona lettura
Salvatore Vasotti
Una sobria facciata a capanna, unita ad una torre campanaria caratterizza la chiesa di San Nicola: come su un foglio di disegno, si stagliano con una essenzialità assoluta -rese quasi con pochi segni di matita- un semplice “rosone”, un arco cieco a tutto sesto impostato su due lesene, ed entro questo l’accesso incoronato da un timpano spezzato. G. Costantini tramanda che la chiesa ad unica navata fu dedicata a S. Nicolò di Bari e a S. Nicolò da Tolentino…“Sono piuttosto modeste le pitture che ivi si osservano”; egli cita un “gran quadro” raffigurante la Madonna del Rosario accompagnata dai due santi predetti e “la statua di S. Giuseppe col bambino Gesù”. Sontuosi i marmi mischi degli altari e del pavimento. Da non trascurare la presenza di alcuni calici in argento, in particolare di due datati da A. Cuccia (1976) grazie alla presenza del fondamentale marchio con l’aquila. Incrociando le notizie di G. Costantini con quelle di G. Schirò si desume che nel 1597 Nicolò Matranga di Paolo di rito greco nonché di inclito lignaggio, ottenne dall’arcivescovo di Monreale Ludovico II Torres (1551-1609), il permesso di abbattere una chiesa greca fatiscente, dedicata a San Nicolò di Bari, eretta in un orto di sua proprietà onde ricostruirne una intitolata ai due santi Nicola, l’uno latino e l’altro greco, tentativo di una simbolica mescidanza tra i due riti. La chiesa venne aperta al culto nel 1619, seppure non finita in ogni suo dettaglio e ne venne concesso l’uso ai PP. Agostiniani riformati…; con la legge del 7 luglio 1866 fu invece soppressa unitamente al convento e fu ceduta al comune con verbale del 24 agosto 1870.
Nel 1957 la chiesa acuisce il suo rilievo artistico, grazie al trasferimento di alcune icone dei secoli XVII e XVIII, antecedentemente custodite nella chiesa di San Nicola di Mira di Palermo, rasa al suolo in seguito ai truculenti eventi bellici. Sintomatica è la presenza in tale sito di due cripte, scoperte di recente, la struttura di una delle quali risulta arbitrariamente tagliata onde fare spazio alla odierna costruzione del teatro del seminario.
L’iconostasi, divisa in tre registri, comprende le icone del 1600”: San Nicola in trono di Joannikios, la Platitera, Cristo re dei re e sommo sacerdote e i Padri della chiesa, attribuiti a Joannikios; San Giovanni Battista, la Deisis al centro (attribuita a Caterina da Candia), i Dodici Apostoli del Maestro di S. Andrea ed autori ignoti, la Vergine e San Giovanni dolenti del Maestro dei Ravdà. Annesso alla chiesa vi è un convento, attualmente sede dell’eparchia. Le opere di Joannikios sono contraddistinte da un’aura di ieraticità inconfondibile, il Cristo re dei re con il kamelaukion tempestato di gemme preziose benedice con un gesto deciso e austero in volto almeno quanto il Pantokrator di Monreale e con vesti più elaborate del Giustiniano di San Vitale a Ravenna; la sua Madonna Odigitria conservata nella Cappella del Seminario diocesano è il suo più nobile capolavoro, un’eleganza che infrange ogni legge suntuaria, in quel vinaccio del manto reso con linee taglienti e calligrafiche almeno quanto quelle della Maestà di Duccio e in quel gesto così spontaneo della mano destra ad indicare il Bambino benedicente. Tra i suoi padri della chiesa risulta avvincente la postura stereometrica del S. Gregorio di Nissa, avvolto nelle sue sfarzose vesti, poggia i suoi piedi in tutta la sua masaccesca palsticità su un piano diverso rispetto a quello più trascendentale del fondo aureo, l’intensità dello sguardo lo accomuna ai sublimi ritratti del Fayyum. Da notare invece le fronti alte di Paolo, Simone e Matteo del Maestro di S. Andrea, simbolo di intelligenza superiore ma molto meno avvenenti rispetto al S. Andrea del medesimo iconografo, le cui vesti movimentatissime e leggere rassembrano quelle di certe Vergini leonardesche nonché memori del fidiaco panneggio bagnato. La figura più inquietante, più scabroso è San Giovanni il Precursore, mirabile fattura che si addensa in un panegirico alle linee selvagge, un personaggio sbucato quasi da un girone dantesco o forse da qualche componimento di gusto decadente di Dino Campana, commovente quanto una poesia baudelaireiana.
Stefano Schirò
@visitpiana.com
1 Cfr. G. Costantini, Studi storici (a cura di P. Manali), Palermo 2000, p. 95.
2 Lo scrivente ha attribuito tale tela al pittore trapanese Andrea Carreca (1667); cfr. S. Schirò, L’intramontabile dinastia dei Novelli. Opere inedite di Pietro Antonio Novelli, Rosalia Novelli, Andrea Carreca, Pietro Petta a Piana degli Albanesi, in corso di pubblicazione.
3 Cfr, F. Cangemi (scheda di catalogo III.14) in M. Guttilla (a cura di) Mirabile Artificio 2, Lungo le vie del legno, del marmo e dello stucco. Scultori e modellatori in Siciliadal XV al XIX secolo, Palermo 2010, pp. 196-197. Lo studioso la attribuisce a Girolamo Bagnasco (Palermo, 1759-1832).
4 Cfr. G. Schirò, Cenni sulla origine e fondazione delle colonie albanesi di Sicilia, Soveria Mannelli (Catanzaro) 1998, pp. 92-94.
5 Ibid.
6 Per uno studio dettagliato e insuperabile circa tale iconostasi cfr. Mostra d’arte sacra bizantina Piana degli Albanesi 1957-1958 (a cura di G. Valentini S.J.), Palermo 1958.
7 Cfr. J. Lindsay Opie, The Post-Byzantine Icons of Piana degli Albanesi: New Discoveries (Universita dell'Aquila) in Abstracts of Papers - Byzantine Studies Conference, Volumi 10-15, 1984.
8 Cfr. R. Santoro, Bizantini: l'eredità culturale in Sicilia, Kalós 2008.
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