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cultura e letteratura

La letteratura
In oltre cinque secoli gli arbëreshë hanno raggiunto anche importanti traguardi culturali e letterari.
A Piana ebbe i natali Luca Matranga (1567-1619), autore nel 1592 della Dottrina Cristiana, la prima opera in lingua arbëreshe nella storia letteraria albanese, e iniziatore nei primi anni del ‘600 della prima scuola nella quale si insegnava in albanese. La sua opera, benché sia una modesta traduzione, rimane un fedele documento dell’antico dialetto tosco in Piana.
A questo periodo appartengono alcune iscrizioni in lingua albanese ritrovate e pubblicate da Giuseppe Schirò[6] mentre alla seconda metà del XVII secolo risalgono gli affreschi del celebre pittore Pietro Novelli e alcune delle icone dipinte dai monaci cretesi di Mezzojuso oggi conservate a Piana, eletta nel 1937 sede dell’Eparchia degli Albanesi di Sicilia.
Verso la prima metà del XVIII secolo gli arbëreshë pianioti, in una fase di grave crisi socio-culturale, avviarono un profondo processo di rinnovamento spirituale e culturale grazie all’opera di P. Giorgio Guzzetta fondatore del Seminario greco-albanese di Palermo, l’istituto che fornì un sostegno decisivo alla salvaguardia e allo sviluppo del patrimonio religioso e culturale delle comunità siculo-albanesi.
Il Seminario svolse la sua funzione rigeneratrice formando non solo i sacerdoti di rito greco-bizantino, ma tutto il ceto dirigente e intellettuale arbëresh. Vi studiarono alcuni dei più illustri rappresentanti delle comunità: Paolo Maria Parrino, Nicolò Chetta, Giuseppe Crispi, Demetrio Camarda, Nicola Barbato, Giuseppe Schirò e molti altri ancora.
I secoli XIX e XX hanno registrato un ulteriore progresso nella cultura e nella letteratura italo-albanese. Una nutrita schiera di intellettuali, sospinta soprattutto dai principi romantici e risorgimentali, si interessò della storia, della lingua, delle tradizioni poetiche popolari.
Gli arbëreshë d’Italia, e i pianioti in particolare, contribuirono in questo periodo con sforzi ammirevoli alla rinascita storica e culturale dell’Albania che tornava ad essere nazione dopo oltre cinque secoli di dominazione turca.
Grandi figure di intellettuali arbëreshë pianioti ricoprirono in questa missione un ruolo di primissimo piano. Tra questi spicca la figura e la personalità di Demetrio Camarda autore del celebre Saggio di grammatologia comparata sulla lingua albanese (Livorno, 1864) e dell’Appendice (Prato, 1866) che costituiscono i primi monumenti della cultura italo-albanese. Il Saggio costituisce il primo tentativo scientifico e sistematico di studio della lingua albanese fondato sulle più moderne teorie linguistiche del tempo. Lo sforzo del Camarda, pur oggi scientificamente superato, contribuì però al riconoscimento della nazionalità albanese mediante il conferimento alla sua lingua di dignità e indipendenza fino ad allora negate. Nell’Appendice raccolse il meglio della tradizionale poesia popolare delle comunità albanesi d’Italia fornendo un’ulteriore dimostrazione dell'antichità di quella cultura. Camarda, oltre ad essere studioso e uomo di fede, fu anche convinto patriota e per questa ragione dovette presto abbandonare Piana a causa delle persecuzioni borboniche.
Degno continuatore dell’opera di Camarda, fu Giuseppe Schirò. Poeta, pubblicista, storico, linguista, studioso e attento raccoglitore delle tradizioni poetiche siculo-albanesi, primo professore universitario della Cattedra di lingua albanese presso l’Istituto Orientale di Napoli, lo Schirò lasciò una vasta produzione letteraria.
I suoi scritti furono pubblicati dal 1887 (Rapsodie Albanesi) al 1923 (Canti tradizionali). Tra le sue migliori produzioni poetiche si ricordano il giovanile idillio Milo e Haidhe che conobbe diverse edizioni e una traduzione in francese, i poemi Te dheu i huaj (“In terra straniera”) edito nel 1900 e nel 1947, e Këthimi (“Il ritorno”) pubblicato postumo nel 1965. Al centro delle sue tormentate riflessioni poetiche si collocano i motivi della letteratura italo-albanese avviata dal calabro-albanese Girolamo De Rada.
Alla poliedrica e inesauribile attività culturale di Schirò si devono le prime ricerche storiografiche riguardanti le comunità albanesi di Sicilia e la pubblicazione di numerosi documenti inediti. Grazie alle sue raccolte di letteratura popolare, oggi si dispone di un prezioso materiale che illumina il ricco patrimonio poetico ed etnico dei siculo-albanesi.
Non si potrebbe completare questo profilo dei maggiori rappresentanti della cultura e della letteratura arbëreshë di Piana senza ricordare Cristina Gentile Mandalà, tra le prime donne arbëreshe ad occuparsi con dedizione alla valorizzazione del patrimonio etnografico pianioto; Nicola e Giuseppe Camarda, fratelli di Demetrio, ai quali si devono, rispettivamente, diversi lavori di traduzione di classici greci e la traduzione nel dialetto di Piana dell’Evangelo di San Matteo (Londra, 1868); Nicola Brancato, Carlo Dolce e Trifonio Guidera, poeti interpreti dei sentimenti religiosi e popolari; mons. Paolo Schirò che scoprì il Messale di Gjon Buzuku, la prima opera della letteratura albanese (1555), e pubblicò in lingua arbëreshe il foglio domenicale Fiala e t’in’Zoti; Francesco Saluto, magistrato, autore di saggi giuridici e fondatore in Palermo dell’omonimo Convitto che per lunghi anni, fino al secondo dopoguerra, ospitò numerosi studenti indigenti di Piana; Giorgio Costantini, storico ed attento cultore delle tradizioni; Marco La Piana che portò ad una fase molto avanzata gli studi linguistici ed etimologici dell’albanese, lasciando inedite una grammatica storica e un dizionario etimologico; i fratelli Rosolino e Gaetano Petrotta, l’uno, autore di numerose iniziative di promozione culturale e l’altro, insigne studioso della letteratura albanese e primo professore di lingua e letteratura albanese presso la Facoltà di Lettere di Palermo; papas Gjergji Schirò, instancabile traduttore in lingua arbëreshe di testi religiosi greci.
Sulla scia di una tradizione così importante si colloca l’odierno contributo culturale di Giuseppe Schirò Di Modica, poeta e saggista; di Giuseppe Schirò Di Maggio, poeta e drammaturgo; di Antonino Guzzetta, linguista e professore di lingua e letteratura albanese presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo.
Vi sono infine molte altre espressioni culturali (la biblioteca comunale «Giuseppe Schirò», il museo civico «Nicola Barbato», associazioni culturali e di promozione, le istituzioni scolastiche pubbliche, iconografi, pittori, mosaicisti, artigiani, che in vario modo contribuiscono validamente alla salvaguardia e alla valorizzazione del prezioso patrimonio avito.
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